Ermal Meta ad Ascoli Piceno con “Domani e per sempre”: l’emozione senza fine di un’altra prima volta

Non so neppure se riuscirò a scrivere un articolo, o scriverò un flusso di coscienza, prolungamento in prosa delle emozioni scritte in versi. Non so se riuscirò neppure a farvici capire qualcosa, o ci capirò solo io, nel groviglio di emozioni e di sensazioni che mi avvolgono. Emozione, adrenalina, commozione. E una felicità superiore a ogni immaginazione, a ogni sogno, a ogni aspettativa. La felicità. È questa la felicità. La luce. È questa la luce. La casa. È questa la casa. La casa fatta di persone, fatta di Ermal, fatta dei lupi, fatta di attese, di viaggi, di minuti che non passano, di teatri che vibrano. E chhi se ne frega del caldo e del tempo… Il caldo, il tempo, l’universo… Tre anni, tre anni di tristezza, di aspettative poi mancate, di concerti rimandati, di tante cose negate… Tre anni, come i tre anni che abbiamo vissuto, hanno senso. Di colpo, di nuovo, anche il dolore ha senso. Anche la tristezza ha senso. Anche l’attesa ha senso. Di colpo ciò che abbiamo vissuto e ciò che ho fatto fatica a fare ha senso. E ha acquistato senso, perché, ora, tre anni dopo, ho capito che tutto succede per un motivo e che, di nuovo, c’è stato tutto questo per essere ancora più felici dopo. Per essere ancora più pieni dopo. Per essere ancora più emozionati dopo. Per essere talmente commossi che, sì, le parole faccio fatica a trovarle e insieme vorrei dire un flusso di parole, confuse, di pensieri, confusi, ma nei pensieri e nelle parole confuse, una è limpidissima, chiarissima, trasparente come la luce del sole sull’acqua di un lago: Ermal. Ermal è luce, certezza, vita. Ermal è tutto. E io ce l’ho fatta. Io ce l’ho fatta, ma solo perché lui mi ha aiutata, solo perché per nessun altro l’avrei fatto, non mi sarei mai spostata per nessun altro e non avrei mai cercato di sbloccarmi per nessun altro. Un’altra cosa avrei sempre cercato di rimandarla, di sfuggirla, di farla poi. Questa no, a questa presentazione, ci volevo essere. E c’ero. Con il corpo, con l’anima. Con la vita. Tutta la vita concentrata in pochi istanti. E il mondo che scompare dentro i pensieri. Il mondo non c’era più. Il mondo ha smesso di esistere. Ed è scomparso tutto. Tutte le preoccupazioni, qualsiasi cosa, per restare solo avvolta nella felicità. Non è vero che non pensiamo, ci sono dei momenti in cui siamo felici e non pensiamo a niente… O forse pensiamo solo alla felicità… O è la felicità che pensa a noi, avvolgendoci totalmente… Vibro, io vibro. Come le mie mani, che hanno stretto la sua. Come la mia anima, che ha ascoltato la sua voce. Come il cuore, che ha battuto più forte,a ogni passo e a ogni nota. Come gli occhi, pieni di lacrime, chiusi nel teatro, per respirare… Respirare l’aria fresca, anche se il teatro era caldissimo… Ma noi abbiamo respirato un’altra aria… Quella della musica, quella delle parole… Il suo libro, i suoi pezzi… L’immensità in un solo giorno, 2 luglio 2022, Ascoli Piceno, teatro Ventidio Basso, un nuovo inizio. E un’altra prima volta. Forse dico tutto, forse non dico niente. So solo che scrivo. E cerco di eternare momenti. Di eternarli, come si eternano i ricordi. E restano qui, indelebili, perché certi momenti non passano mai, non finiscono mai, anche quando poi finiscono… Attimi di estasi, di magia, di verità… Ce l’ho fatta, ce l’abbiamo fatta. Non ci capisco niente, più niente. E vorrei essere capace di fermarlo il tempo. E, se potessi decidere di fermarlo, lo fermerei qui. Ora. In questo istante. Nell’istante in cui mi sento ancora vibrare, confusa, piena di adrenalina, l’adrenalina che mi fa vibrare il cuore, un’adrenalina che nessuno potrà mai capire,ma solo chi ha vissuto qualcosa di simile. Per fuggire da una realtà e per restare in un’altra, nella realtà più bella, quella dei ricordi, quella di ieri sera, quella di qualche ora fa… Ed è bella la stanchezza… Bello fare le 4 di notte… Sentire la stanchezza sulle ossa… Non essere più abituati. E insieme riabituarsi alla bellezza. Ed è come se lo conoscessi, ma lo incontrassi per la prima volta. Tre anni. Siamo dovuti passare attraverso tre anni, tre anni interminabili, per rivederci, ma ci siamo rivisti. Sono qui, siamo qui. E lui è qui, davanti a noi, dal vivo. Forse è davvero irreale, surreale, come ha detto qualcuno, ed è talmente incredibile che non so cosa scrivo, come lo dico, come lo scrivo. Mi fido solo di ciò che scrivo e di ciò che ho vissuto. La felicità, è questa la felicità. Non so esprimerla, so provarla. So viverla, so respirarla. So avvertirla, sottopelle. E sopra la pelle. Non ci credo, l’ho raccontata tante volte, in poco tempo, come dire miliardi di parole al secondo e parlare insieme solo con il silenzio. Con la fretta. E con la calma. E con un respiro che si adegua alle dita. Alle mani. Le mani… Le mani… Le mani che hanno applaudito… Le mani che hanno applaudito tanto… Le mani che non bastavano per applaudire… Le mani strette,il tessuto della poltrona… Il sogno… Le mani, le mani tenute sulla borsa… Le mani, le mani che vibrano… Vibrano ancora… Le mani che hanno accarezzato la copertina del suo libro… Le mani che hanno posato il suo libro… Le mie mani… E le sue mani… Come reggere l’anima. E reggere la vita. Io ho stretto il suo libro, io l’ho ripreso… E io ho lasciato scivolare le mani sui miei libri… Come accarezzare l’anima… Mentre lui accarezzava e faceva scorrere, insieme a me, i miei libri, che è da tanto che volevo regalarglieli… Le mie mani e le sue hanno retto prima il suo libro, poi i miei… Come condividere l’arte… E come soppesare l’anima… “Per me?”, lo stupore, la dolcezza, l’incanto… Come stupirsi per le cose… Come provare ancora stupore per il mondo… “LI ho scritti io”, ho detto. “Veramente?”, in quel veramente c’era tutto, tutto… Tutta la felicità che sentivo far gonfiare d’orgoglio il cuore… E di felicità l’anima: “Sì”. “Grazie”. Ha detto “grazie”, ho detto “grazie”, mamma anche ha detto “grazie”. Abbiamo detto “grazie” e, in ogni angolo della mia pelle,dei miei occhi, delle mie mani, della mia anima, c’è scritta la stessa parola. Persino in ogni angolo di queste pagine, scritta dietro alle altre parole, tra le righe, quando è e quando non è scritta direttamente. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Per l’attesa. Perché ne vale la pena. Per esistere. Per esserci. Per avermi aiutata ancora una volta. Per l’universo, grazie. Per l’universo, che hai illuminato. Per il teatro, che hai riempito. Per il brano del tuo libro, così intenso, che hai letto. E lo hai fatto con l’intensità, con l’emozione che vibrava nella tua voce. E poi come ne parli, con l’amore, con la dolcezza, del tuo Paese d’origine, racconti come non volevi lasciare l’Albania, te ne sei andato senza salutare e, quando sei tornato un anno dopo, hai sentito che i tuoi amici ti guardavano in modo diverso e il tuo migliore amico ti ha detto: “Tu non ne capisci più, sei italiano”. Si era sentito italiano senza esserlo ed era albanese senza riuscire a sentircisi, un apolide con due nazioni, talvolta, ha detto, si sente ancora così, ma poi con il tempo si è sentito ed è entrambe le cose. E dice come gli dà fastidio non tanto che pare che si debba sottolineare per forza la sua origine, è molto fiero della sua terra, ma del fatto che certi giornalisti che non capiscono niente di musica mettono nei loro articoli immagini legate alle navi che hanno trasportato gli albanesi in Italia negli anni Novanta. Lui voleva raccontare che l’Albania non era solo quello, cosa c’è stato prima, il motivo di tanta disperazione, della fuga ora fisica, mentre per quarantacinque anni gli albanesi hanno cercato di fuggire con la mente. Ha raccontato della dittatura comunista, di suo zio arrestato per i suoi quadri o perché vedeva Rai 1 e di come, alla fine del regime, ha scoperto che chi lo aveva denunciato era il suo migliore amico. Era come se quelli che denunciavano gli altri avevano un piede addosso e poi lo stesso piede affondava nel petto delle persone denunciate, in un effetto domino, senza fine, mentre c’era la privazione di tutto, la privazione della libertà e la privazione del futuro. Ha raccontato la storia, come è iniziata la dittatura comunista nel 1945, inizialmente allineata all’Unione sovietica di Stalin, poi il dittatore albanese aveva pensato che, dopo la morte di Stalin, la linea sovietica fosse diventata troppo morbida e se ne era distaccato, affiancandosi poi al comunismo cinese. E poi finalmente la caduta, nel 1990-91, con le rivolte studentesche e gli assalti alle ambasciate. E ha detto che c’erano immagini forti di madri di qua e dei figli di là, a separarli un metro,un cancello, ma le madri piangevano perché c’era la sensazione che quel metro più in là fosse già un altro Paese. E poi ha raccontato come, nel 1985, un suo parente, militare, era su un pullman quel giorno e a un certo punto era salito un tizio con una radio doveveniva data la notizia della morte del dittatore. Il parente di Ermal si era messo a piangere e una donna aveva cercato di consolarlo, e piangevano insieme, ma per due motivi diversi: l’uomo piangeva di felicità, perché suo nonno, suo zio e suo padre erano stati uccisi dal regime e quindi piangeva, perché sentiva che finalmente era finita. E poi Ermal ha raccontato l’inizio del suo libro. Un libro necessario, ha detto Luca Bottura,il giornalista che lo ha accompagnato e ha commentato il suo libro, ed è vero che è un libro necessario per tutti, anche per Ermal, ed è la storia che inizia nel 1943, a Rragam, un piccolo villaggio del nord dell’Albania, in cui Kajan,un bambino di sette anni, vive con il nonno Betim a riparo dalla guerra. I suoi genitori sono partigiani che combattono i nazisti nel sud. Un giorno, però, la loro vita cambia e sulla loro porta appare un personaggio piuttosto strano, Cornelius, un soldato tedesco disertore, con il sangue incrostato addosso, sporco, e il tempo pare fermarsi. Da una parte, Cornelius, con tutto ciò che si porta addosso, dall’altra Betim,il nonno di Kajan, che sta là, con il forcone in mano, per difendersi, perché ha paura e vorrebbe quasi che il soldato gli desse un buon motivo per ucciderlo. E, in questo tempo sospeso, il gesto di un bambino in qualche modo sblocca le cose: per Kajan non è un nemico o un potenziale pericolo, è solo un essere umano molto sporco, che ha bisogno di una bella lavata, e gli offre un secchio d’acqua. E quel gesto istituisce un legame profondo tra Kajan e Cornelius e il soldato tedesco porta al bambino in dono la musica, per cui lui è molto dotato, e la musica sarà fondamentale nella sua vita, facendogli fare dei grandi passi avanti, altre volte passi indietro, e accompagnandolo sempre… E poi si è parlato delle parole in lingua albanese, più frequenti nella prima parte, ed è stato bellissimo sentire dire a Ermal che è stata una scelta e un motivo d’orgoglio. E tanto orgoglio abbiamo provato anche quando l’editrice, Elisabetta Sgarbi di La nave di Teseo, dice che il libro è alla quinta ristampa – ed, emozionatissimo, lo dice anche Ermal – e sarà pubblicato da editori molto importanti in Germania,in Spagna, in Albania, in Francia e sono interessati anche molti altri Paesi del mondo. Il suo libro sta diventando un bestseller internazionale, e meritatamente. E Luca Bottura ha detto che la figlia di quindici anni, che di solito legge poco, lo ha ringraziato perché ha iniziato il libro di Ermal, che trova proprio bello, perché si era incuriosita tanto da come lui ne parlava con entusiasmo. E sono d’accordo con ciòche dice Luca Bottura: che questo libro va letto, dai ragazzi, di tutte le età, per conoscere la storia non solo dell’Albania, ma anche dell’Europa dell’est. Il passo letto da Ermal riguardava la storia di Goran e della sua famiglia, vittime della dittatura di Tito nellex Jugoslavia. Le cose vanno conosciute, la storia va raccontata. E le guerre, ha detto Ermal, ci sono sempre perché non abbiamo imparato niente e questo non cambierà mai finché non capiremo che ci sono tanti interessi nella guerra, c’è il denaro dietro la guerra, e i confini non interessano a nessuno, ci sono là dove ci sono interessi economici, e molte volte c’è l’America di mezzo. E poi racconta del modo di dire in Albania “qui sarà America”, che significava qui ci sarà un gran casino e la gente lo diceva, dopo la morte del dittatore, influenzata dal regime comunista, che individuava nell’occidente il nemico invisibile contro cui combattere costantemente. E ci sono tanti binari su cui il libro si muove: la musica, la speranza, il tradimento, l’amore. E ovviamente io mi ricordo le cose dopo un sacco di righe, non che io non me le ricordi, ce le ho tutte qui, tuttavia, mi tornano alla coscienza e sbucano qui nel mio articolo e qui le metto: ha detto che si è sentito apolide per molto tempo, poi le cose sono andate in modo diverso quando ha cominciato a sognare in italiano. E c’è tempo di sorridere, di ridere, di commuoversi… Sognare… C’è tutto il tempo di sognare… E l’attesa ne è valsa la pena. Ne vale tutto la pena, persino la preoccupazione, persino il dolore provato prima ne vale la pena, se ora siamo qui. E Luca Bottura parla di quanto è importante l’amore nel libro ed Ermal dice che l’amore è tutto e Kajan probabilmente passa tutta la sua vita a capire cos’è l’amore,senza capirlo, anche Ermal,con le sue canzoni, ma non lo capirà mai fino in fondo e, nella vita, come nel libro, pur innamorandosi di persone diverse, l’amore resta sempre lo stesso. Ermal racconta di come noi le nostre emozioni le mastichiamo ed è per questo che possiamo dire che quella cosa ci ha lasciato dell’amaro in bocca,perché noi le emozioni le abbiamo masticate consapevolmente o inconsapevolmente. Poi il giornalista parla anche di un altro tema del libro, il tradimento, di come spesso quelli che sembrano nemici si dimostrano amici e i famigliari più vicini sembrano diventare nemici, o solo vittime del sistema. E viene sottolineata sia da Luca Bottura, sia da Ermal l’assoluzione che c’è nei confronti di tutti i personaggi, anche di quelli più cattivi, c’è la voglia di comprenderli,la grande sensibilità di Ermal e, come ha giustamente detto il giornalista, c’è l’amore di Ermal per l’animo umano e l’amore di Ermal per la storia. E, con l’amore e dall’amore, è nato “Domani e per sempre”, un libro che va letto, ve lo consiglio,con tutto il cuore, e non solo perché lo ha scritto Ermal, merita, merita veramente. Io ho alzato la mano quando il giornalista ha chiesto chi lo ha letto. E veramente “Domani e per sempre” è un bestseller, un capolavoro non solo per le tante vendite, ma soprattutto per le tante emozioni. E poi… La chitarra! E… Il pianoforte! Ringrazio e benedico il mondo intero. Sì, oggi è uno di quei giorni in cui vorrei abbracciare e benedire il mondo intero. Grazie a Dio, grazie all’universo e grazie persino al dolore… Ma soprattutto grazie, Ermal. E quello che è sentirlo suonare e cantare dal vivo! Oh Dio mio,indescrivibile, da chiudere gli occhi e da spalancare l’anima. E sussurrare piano, a bassa voce, e poi cantare a squarciagola, fermarsi perché la voce non mi arriva, perché mi fermo ad ascoltare la sua, che avvolge le volte del teatro e le volte delcuore. E rende l’atmosfera incredibile… Quasi surreale, eppure verissima, trasparente,reale… E quello che è, sublime, quello che è, incredibile, quello che significa vibrare… Cantare… O solo fermarsi ad ascoltare… Il silenzio. La sua musica. E le sue parole. “Piccola anima”, ancora insieme, sofficissima,in una versione corale… O Dio mio… “UN pezzo di cielo in più”, e io ho detto a mia madre, subito, fa’ il video per Cinzia,che è una mia amica che ama molto questo pezzo, e non ho voluto che mamma facesse altri video, ma questo sì. Per dire a tutti quelli che erano con noi con il cuore, grazie, e grazie a tutti quelli che invece erano con noi, al nostro fianco, e hanno reso tutto ancora più bello, più facile e più incredibile. E poi “Un milione di cose da dirti”, con il piano… Brividi all’anima… Elevazione al settimo cielo, anzi direttamente al Paradiso… Direttamente in paradiso… “A parte te”, cantare… Cullarsi, ondeggiare, galleggiare… ho abbracciato mamma, e sono andata con lei a tempo. “Amara terra mia”… Oh Dio… Cosa può essere una serata chiusa con “Amara terra mia”? E con il suo falsetto incredibile, avvolgente, accarezzante, lenitivo? Ermal cura. Di nuovo. Ermal mi ha curata l’anima di nuovo. Ed Ermal ha di nuovo salvato la mia anima dal buio. Ermal, io ce l’ho fatta,perché tu ce l’hai fatta. E io mi sento vivere di felicità,e splendere di felicità, e morire, sì, ma morire solo di felicità… E poi? La cosa che è successa dopo l’ho un po’ raccontata, ci ritorno, ritorno a essere lì, in mezzo alla gente, senza più ansia, solo con l’attesa di arrivare. E di non capirci più niente. Niente. Quando sono arrivata davanti a Ermal, pienezza totale e il mondo che scompare,, manco avevo capito che toccava a me e quello che mi diceva mia madre, non so più neppure cosa ho detto io, cosa ho fatto io… Eppure, sì, lo so, se lo ricorda la mia pelle, se lo ricordano le mie mani… Mamma, emozionata pure lei, che chiede a Ermal se mi riconosce. Il sorriso nella voce: “Con la mascherina è un po’ difficile”. Sono stata più svelta a togliermela, è caduta sul tavolo così, proprio in un modo assurdo, che certe cose ti succedono solo quando sei impacciata… “Sì!”. E quel “sì!”, il sorriso nella voce… Dio mio, quello che è stato quel “sì!”, e io non c’ho manco capito più niente, non ci capivo già più niente, Mi ha riconosciuta. Dopo il tempo che è passato, si ricorda ancora di me. “MI ricordi il tuo nome”. “Arianna”. E me lo ha scritto: ad Arianna viva la libertà. Sul suo libro. Poi i miei regali, la sua voce,la sua gioia e lo racconterei tutto da capo, un’altra volta. “LI ho scritti io”.” Veramente?”. “Sì”. E le mani che scivolano sui miei libri, lui li prende,ringrazia, è emozionato, è felice… MI dicono che probabilmente li leggerà, sì, probabile… A me vibra l’anima… a me pare davvero che mi vengono le vertigini… Le mani… Le mie mani non hanno solo sfiorato il suo libro, o i miei libri simultaneamente a come li ha accarezzati lui… Ma la mia mano… Le mie mani hanno stretto la sua. Palmo contro palmo,lui mi ha stretto la mano, io pure, e io ho accompagnato la stretta con l’altra. “A presto”, ho detto. “A presto. In bocca al lupo”. “Grazie”. In bocca al lupo, a detto,mentre me ne stavo già andando. e Volevo urlare, senza averne il fiato e ritrovandolo, avrei abbracciato il mondo intero e volevo solo piangere: ce l’ho fatta, ce l’ho fatta, ce l’ha fatta di nuovo, mi ha aiutata di nuovo. Ho incontrato Ermal, dopo tre anni, ho incontrato Ermal. Devono essere stati questi i miei pensieri, i passi vibranti, e neppure la voce per rispondere alle mie amiche alle domande come sto o come è andata. Ma la mia felicità parlava per me,i miei occhi parlavano per me e la mia voce vibrante sussurra bene, benissimo, oppure alla domanda “Sei felice?” “sì tanto”, bastava, bastava per rendere l’idea. E parlarne per il viaggio, e non capirci più niente, ascoltare racconti e sentire la stessa emozione nelle altre, e nei racconti delle altre, nelle nostre passeggiate, per passare accanto a dove cena Ermal, prima di riavviarci verso la macchina. Alle 4. Sono rientrata in casa mia alle 4:08, forse era qualcosa di più e mi sono messa nel letto e ho posato il cellulare per caricarlo alle 5. Ed è stato incredibile. Incredibile, sentire come l’adrenalina mi ha raggiunto nei sogni. E, come stamattina, quando ho aperto gli occhi, poco prima di mezzogiorno, ero ancora piena di adrenalina, piena di emozione e con una certissima certezza,che ce la’vevo già prima,ma adesso anche di più, dopo questa serata che, sì, cazzo, è stata così emozionata ed emozionante da essere e sembrare davvero una prima volta, posso rispondere se voi mi chiedete “cos’è la felicità per te, Ari?”: per me, la felicità è tutto questo, ed è la certezza che tutto questo è solo l’inizio.

© Arianna Frappini,

Fan di Ermal Meta

Riproduzione riservata

Fonti:

Esperienza personale del 2 luglio 2022 a La milanesiana ad Ascoli Piceno

“Domani e per sempre”, Ermal Meta, La nave di Teseo, Milano, 19 maggio 2022, ISBN: 9788834609859

“Amara terra mia” di Domenico Modugno cantata da Ermal Meta

“Piccola anima” (feat Elisa), “Un pezzo di cielo in più” (con La fame di Camilla), “UN milione di cose da dirti” e “A parte te” di Ermal Meta

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